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October22 / New Balance

Nel 1906 a Boston, Massachusetts, William J. Riley fondò la New Balance Arch Support Company, azienda specializzata nella produzione e distribuzione di plantari e calzature ortopediche. Con il contributo di Arthur Hall, inizialmente un commesso viaggiatore e successivamente socio di Riley, gli articoli New Balance raggiungono una diffusione inaspettata lungo la costa est degli Stati Uniti. In particolare Hall decise di concentrarsi su vigili del fuoco, agenti di polizia e tutti coloro il cui lavoro richiedeva di trascorrere lunghe ore in piedi. La prima calzatura sportiva a marchio New Balance arrivò soltanto nel 1938, una chiodata in gomma e pelle di canguro realizzata per il Boston Brown Bag Harriers running club.

Negli anni della guerra New Balance ampliò la sua proposta inserendo prodotti dedicati anche ad altri sport come baseball, tennis e boxe, particolarmente diffusi nel New England, pur mantenendo il focus su calzature e supporti ortopedici. Tutti i prodotti sono realizzati a mano, da un piccolo team. A metà degli anni ’50 Eleanor, figlia di Arthur Hall, acquistò l’azienda insieme al marito Paul Kidd, dando inizio a un progressivo spostamento verso la produzione di articoli sportivi. Nel 1960 fece il suo debutto la Trackster, la prima scarpa sportiva proposta in diverse larghezze, portando così nel mondo dello sport le caratteristiche che determinarono il successo dei prodotti ortopedici New Balance.

Nel 1972 quando il team di produzione era ancora composto soltanto da sei artigiani, l’azienda venne acquistata da Jim Davis dando inizio a un importante processo di crescita e innovazione, pur mantenendo centrali qualità e cura dei dettagli. L’ormai celebre N sul lato della scarpa fece il suo debutto nel 1976 con l’arrivo sugli scaffali della New Balance 320: il modello fu scelto come la migliore scarpa da corsa presente sul mercato dalla celebre rivista Runner’s World, dando enorme visibilità all’azienda. È in questo periodo che Davis decise di utilizzare i numeri al posto di nomi accattivanti per identificare i suoi modelli, così da poterli classificare per tipologia e utilizzo: un elemento che caratterizza New Balance ancora oggi.

La prima metà degli anni ’80 è un momento chiave nella storia di New Balance. Mentre la concorrenza si preparava ad affrontare la “lotta dei brevetti” che avrebbe caratterizzato i successivi quindici anni con pubblicità accattivanti, tecnologie futuristiche e colorazioni al neon, l’approccio di New Balance sembrò voler ricordare a tutti una cosa molto importante: il running è una cosa seria. È proprio in questo periodo che fa il suo debutto l’ormai classico “grigio New Balance” che ancora oggi è sinonimo del brand. Una scelta forse in controtendenza rispetto ai trend dettati dal mercato, ma assolutamente coerente con il credo del brand: un modo per spogliarsi di ogni fronzolo per mettere sotto i riflettori tecnologia e performance, puntando tutto su qualità e manifattura.

Sempre in questo periodo New Balance è tra le pochissime aziende produttrici di articoli sportivi a mantenere gran parte della produzione negli Stati Uniti in un momento in cui la scelta di molti fu quella di delocalizzare e “gonfiare” la capacità produttiva e ogni dollaro speso e risparmiato era fondamentale nella serrata competizione per il vertice del mercato footwear. Questo è un dettaglio che può sembrare trascurabile ma che contribuì a creare un forte legame tra il brand e il pubblico statunitense, ancora oggi parte dell’identità dell’azienda.

Simbolo dell’importanza del Made in USA per New Balance è il rapporto dell’azienda con le comunità locali del New England legate ai suoi stabilimenti di produzione. La più celebre tra queste è quella di Skowhegan, nel Maine, dove sorge la fabbrica che ospita la linea di produzione numero 33, conosciuta dagli appassionati come “Super Team 33”. Questa squadra, composta da ventotto operai e cinque maestri artigiani con un totale di oltre trecento anni di esperienza nell’ambito calzaturiero, si è occupata per decenni dei progetti più esclusivi, particolari e complessi realizzati da New Balance negli USA tra cui molte importanti collabo, oltre ovviamente ai modelli a marchio ST33.

Negli ultimi anni New Balance ha dato inizio a una sorta di “seconda giovinezza” del brand, grazie a un ritrovato interesse da parte del grande pubblico e quella che potrebbe essere considerata come una prima vera esposizione al mainstream nel mondo delle sneakers. Questo successo è tutt’altro che casuale: è stato anticipato da un importante processo di rinnovamento che ha visto il marchio “spogliarsi” di molti degli integralismi e delle rigidità a cui veniva da molti associato insieme al suo pubblico, idealmente diviso al 50% tra seriosi collezionisti ossessionati da dettagli minuscoli e papà americani armati di tagliaerba.

 

Parte del merito per questo cambio di rotta va senza dubbio attribuita a Joe Grondin, responsabile per il brand di collaborazioni, special projects e delle linee Made in USA, e al suo team. La ricetta per il successo era già parte della tradizione di New Balance: cura per il dettaglio, altissima qualità, un’esecuzione impeccabile di limited editions e collaborazioni supportata da una selezione di prodotto in-line che non teme rivali. L’introduzione di nuovi importanti partner e collaboratori come Salehe Bembury, Joe Freshgoods e Teddy Santis si è rivelata essere la proverbiale ventata d’aria fresca che ha gettato le basi per una crescita esponenziale, proseguita a ritmo serrato nonostante non siano mancate le difficoltà e gli stop forzati a causa della pandemia.

 

Se la lunga lista di collaborazioni e modelli in edizione limitata firmati da Aimé Leon Dore andava a collocarsi in una sorta di “comfort zone” per New Balance, caratterizzata dall’estetica classica dello sportswear statunitense anni ’80 e ’90, designer e creativi come i già citati Bembury e Joe Freshgoods hanno contribuito a dare al marchio un linguaggio inedito che gli ha permesso di comunicare con un pubblico nuovo che, alla ricerca di nuovi stimoli, ha accolto New Balance con entusiasmo.

 

L’enorme successo di modelli in-line provenienti dall’archivio come 550 e 2002R, l’importante quarantesimo anniversario della produzione Made in UK a Flimby e l’approdo di Teddy Santis al ruolo di guest creative director per la linea Made in USA sono soltanto uno step nella crescita di New Balance, che non da segno di volersi fermare.

La Cumbria è una regione nell’estremo nord ovest dell’Inghilterra, al confine con la Scozia. Tanto bella quanto piovosa, oltre al Lake District ospita anche uno dei principali distretti calzaturieri britannici, motivo per cui è principalmente nota tra gli appassionati di sneakers. È in quest’area che nel 1982 New Balance stabilì la sua prima fabbrica inglese: inizialmente a Lilyhall e successivamente, a partire dal 1991, a Flimby, lungo la costa.

 

La presenza di una fabbrica in Inghilterra contribuì enormemente alla diffusione di New Balance in Europa già nella prima metà degli anni ’80. Da questa posizione privilegiata l’azienda cominciò a produrre e distribuire alternative ai prodotti presenti nel catalogo statunitense e linee interamente concepite per la vendita in Europa, investendo anche nella realizzazione di abbigliamento e scarpini da calcio. Le scarpe New Balance finirono rapidamente anche ai piedi di molti membri delle tifoserie inglesi all’apice della risonanza in tutta Europa di fenomeni come l’hooliganismo e la cultura Casual.

 

A partire dal 1990 New Balance spostò nelle sue fabbriche inglesi parte della produzione della 1500, uno dei suoi modelli più celebri che avrebbe legato in maniera indissolubile la sua storia a quella del Made in UK. Si tratta del primo di una serie di iconici modelli nati negli Stati Uniti che entreranno nel corso degli anni a far parte della lista di modelli realizzati a Flimby tra cui 576, 577 e, con l’arrivo del nuovo millennio, 991.

 

Per gli appassionati Flimby sarà per sempre associata alla Golden Era delle collaborazioni anni ’00, periodo in cui lo stabilimento inglese era il “laboratorio” utilizzato da molte importanti realtà europee per realizzare i propri special make-up. Ancora oggi l’archivio di Flimby, che oltre alle varie uscite conserva anche sample e prototipi, resta un luogo mistico che in molti sperano di poter visitare un giorno. Nel 2006 lo stabilimento inglese è stato coinvolto da New Balance anche nelle celebrazioni per i cent’anni dell’azienda, realizzando uno speciale pack dedicato proprio agli operai che giorno dopo giorno realizzavano le scarpe prodotte a Flimby.

 

Ancora oggi Flimby mantiene i suoi altissimi standard produttivi realizzando con cura artigianale i prodotti in-line della collezione Made in UK di New Balance e numerosi progetti collaborativi. Il team, composto da duecento operai, realizza a pieno ritmo circa ventottomila paia di scarpe a settimana. Quest’anno la produzione inglese di New Balance compie quarant’anni, un importante traguardo festeggiato dall’azienda con una serie di eventi e una collezione dedicata.

Le collaborazioni e i progetti speciali occupano uno spazio importante negli ultimi decenni della centenaria storia di New Balance. Queste uscite in edizione limitata hanno consentito al brand di creare e consolidare un rapporto con collezionisti e appassionati unico nel suo genere, forse anche fuori dal mondo delle sneakers. Per oltre un decennio New Balance è stato il “gold standard” delle sneaker collaborative: una combinazione di creatività, altissima qualità e tiratura limitata che ha insegnato a molti quali fossero le regole da rispettare per creare progetti di grande successo.

 

Inizialmente New Balance non ha consentito ai suoi collaboratori di utilizzare loghi evidenti o personalizzazioni, così da mantenere il branding e l’estetica delle sue sneakers inalterata. Questo elemento ha generato una sfida aggiuntiva per le diverse realtà che hanno firmato le loro collabo nei primi anni ‘00, portando a soluzioni creative inaspettate e, com’è spesso accaduto nel caso delle sneakers concepite da Hikmet Sugoer per Solebox, a personalizzazioni “after factory” divenute rapidamente uno standard nel mondo delle sneakers.

 

Con una proposta in-line di altissimo livello e possibilità limitate per personalizzare i propri progetti i partner di New Balance hanno sempre dovuto dare il meglio per poter spiccare e farsi notare, spesso creando combinazioni di colori e materiali insolite e un po’ folli, rese possibili soltanto dalla produzione quasi artigianale delle scarpe che uscivano dalle fabbriche inglesi e statunitensi.

 

La cura e la cautela con cui New Balance ha rigidamente selezionato i suoi partner nel corso degli anni ha permesso all’azienda di mantenere il livello delle collaborazioni realizzate sempre molto alto, consentendo davvero poche battute a vuoto. Un approccio “no-nonsense” che il brand mantiene anche oggi che la situazione è un po’ sfuggita di mano e il mercato si sta saturando, con il ritmo frenetico imposto dal mondo delle sneakers e release quasi giornaliere.

 

I progetti collaborativi hanno giocato un ruolo fondamentale nel recente rilancio di New Balance, che ha saputo bilanciare alla perfezione vecchi e nuovi partner selezionando modelli su cui potessero esprimersi al meglio. Ancora oggi nel mondo delle sneakers poter firmare una collaborazione con New Balance resta un onore per pochi e un obiettivo per molti, un’occasione unica per entrare a far parte di una lista che include nomi che hanno segnato la storia.

La New Balance 550 è senza dubbio una delle sneakers più celebri e desiderate, con ben pochi rivali anche tra i competitor. In maniera un po’ superficiale si potrebbe dire che a rendere la 550 un successo è stato soltanto l’hype generato dalla collaborazione con Aimé Leon Dore. Molto più semplicemente la 550 è un capolavoro di marketing e comunicazione: la scarpa giusta al momento giusto.

La scelta della 550 come modello chiave nelle recenti collezioni di ALD non dovrebbe stupire: oltre incastrarsi perfettamente nella narrativa della tradizione cestistica di New York City, “basketball city” per eccellenza, il modello richiama chiaramente anche l’immaginario anni ’80 su cui il marchio ha costruito gran parte della sua estetica di enorme successo, facendo riferimento ad un periodo in cui il basket occupava un ruolo di rilievo nel catalogo New Balance.

L’avventura di New Balance nel mondo del basket iniziò nel 1983 con il lancio della 480, una hi-top in pelle dalla costruzione tradizionale con colorazioni semplici che si adattavano alle rigide regole di “dress code” di allora: un debutto cauto in un ambiente complesso e particolare come l’NBA degli anni ’80. Proprio in quegli anni, però, dall’Università del North Carolina arrivò ai Los Angeles Lakers James Worthy che, oltre a rivelarsi un tassello fondamentale nel dominio gialloviola degli anni ’80, diventerà il principale testimonial di New Balance in NBA. In sei anni Worthy vinse tre volte il titolo NBA con i Lakers meritandosi nel 1988 anche il premio di MVP delle Finals, sempre con i suoi occhiali protettivi e le sue New Balance ai piedi. In alcune pubblicità gli venne anche attribuito il particolare titolo di “segretario della difesa” dei Lakers, ben prima che la concorrenza potesse schierare sui parquet NBA addirittura un ammiraglio.

Alla fine degli anni ’80 la New Balance destinata a James Worthy è la 740, modello ideato dall’head designer Kevin Brown. Contemporaneamente l’azienda affidò lo sviluppo di un takedown del modello all’onnipresente Steven Smith, che disegnò la 650, una tipica hi-top da basket, e la 550 Basketball Oxford, un modello dal taglio basso insolito per quei tempi. Entrambi i modelli erano stati pensati per i giocatori delle squadre di College oltre che per i membri meno blasonati dei vicini Boston Celtics, ma l’accessibile retail di $45 le rese abbastanza celebri anche tra i più giovani giocatori delle High School. Dopo un’iniziale release statunitense la New Balance 550 fu distribuita prima nel Regno Unito e, successivamente, in Asia, facendola sparire dai radar almeno momentaneamente.

In diverse interviste Teddy Santis, direttore creativo di Aimé Leon Dore, ha spesso raccontato di essersi imbattuto nella 550 mentre faceva ricerca tra modelli meno noti da utilizzare. Questo ritrovamento ha dato inizio ad una magistrale opera di “digging” negli archivi da parte di New Balance che, almeno inizialmente, ha trovato riscontro dell’esistenza del modello soltanto in un catalogo giapponese di fine anni ’80. Attraverso alcuni collezionisti di vintage Santis e Joe Grondin, responsabile degli special project di New Balance, sono riusciti a mettere le mani su un paio originale di 550 da utilizzare come riferimento per ricostruire da zero una nuova versione del modello.

La New Balance 550 ha fatto il suo ritorno ufficiale il 21 settembre 2020 con il lancio delle quattro colorway che compongono il pack “International Friendship Through Basketball”, poco più di trent’anni dopo la release originale. Nei due anni successivi la 550 è divenuta uno dei best seller di New Balance contribuendo a riportare il marchio sotto i riflettori dei media. Comme des Garçons, Joe Freshgoods, AURALEE, Rich Paul e Size? hanno proposto la loro versione speciale della New Balance 550, ma la versione classica, con base bianca e dettagli a contrasto, resta imbattibile anche dopo trentatré anni.

Per comprendere al meglio l’importanza della 1300 nel lignaggio di New Balance occorre fare un passo indietro. Nel 1982 l’azienda presentò ufficialmente la 990, cambiando per sempre il suo approccio al mercato del footwear e la percezione che il pubblico ha del marchio. Con un retail consigliato di $100 al momento della release la New Balance 990 è la scarpa da corsa più costosa sul mercato, la prima in assoluto a raggiungere le tre cifre. “On a scale of 1000, this shoe is a 990”. Già dalle prime recensioni pubblicate dalle riviste di settore si capì che la nuova 990 sarebbe stata un successo: da molti fu considerata “state of the art” nell’ambito delle scarpe da corsa e il meglio che il mercato delle calzature sportive potesse offrire in quel momento, confermando un valore tale da poter giustificare l’impressionante prezzo. La classica 990 in suede grigio divenne così una sorta di status symbol nell’America capitalista degli yuppies, un modo per affermare la propria posizione nelle gerarchie sociali anche durante l’attività fisica. Nei primi sei mesi New Balance ricevette ordini per 50.000 paia di 990 Made in USA, a fronte delle 5.000 vendite previste prima del lancio: un traguardo fondamentale per il futuro del brand.

 

Idealmente lo step successivo fu la 1300, lanciata sul mercato nel 1985. Una delle definizioni utilizzate per il nuovo modello è “una Rolls Royce per i piedi” riferendosi non soltanto al lusso dei materiali o alle tecnologie utilizzate, ma soprattutto al retail price fissato a $130, oltre 300 al cambio attuale. Giocando su questo elemento e sull’ovvia polemica che ne sarebbe conseguita New Balance realizzò una delle sue pubblicità più geniali accompagnando le foto della nuova 1300 con una semplice tagline: “mortgage the house”, ipoteca la casa, ricordando a tutti che c’è sicuramente una buona ragione se il modello costa così tanto.

 

Oggi la colorazione grey/steel blue con cui la 1300 fu presentata sul mercato, con il classico suede grigio abbinato al mesh azzurro, è un classico di New Balance associato automaticamente al Giappone e alla sua particolare sneaker scene. Proprio nel Sol Levante il modello ebbe un enorme successo fin dalla metà degli anni ’80, quando la difficile reperibilità e una sorta di ossessione per il Made in USA contribuirono a rendere il modello un sogno per molti collezionisti nipponici.

 

Nel 1995, a dieci anni dalla release originale, New Balance decise di realizzare una riedizione della 1300 il più possibile fedele all’originale, sempre Made in USA e destinata in esclusiva al mercato nipponico. Le particolari modalità di release della nuova 1300 “Japan” resero praticamente impossibile l’acquisto ai fan del brand nel resto del mondo in un’era “pre-internet”, consolidando ulteriormente il rapporto tra la scarpa e il Giappone.

 

Nel 2000, nel pieno della seconda “Golden Age” delle sneakers in Giappone, sugli scaffali dei negozi arrivò la terza versione della 1300 rinominata per l’occasione M1300, in cui la J sta, ovviamente, per Japan. Release particolare, interesse internazionale e un retail di $300 alimentarono nuovamente il culto per la scarpa, dando così inizio alla tradizione della 1300 “Japan” che, a ritmo regolare, viene rilasciata da allora con grande attesa ogni cinque anni. Dal 2010 il modello fu ribattezzato M1300JP e la distribuzione aperta anche a Stati Uniti ed Europa. A questa seguirono la JP2 nel 2015 e la JP3 nel 2020, creando così una sorta di corto-circuito nel frenetico mondo delle sneakers di oggi, in cui pare impossibile sapere già con cinque, o addirittura dieci, anni d’anticipo che una nuova versione della JP ci sta aspettando.

 

 

La storia della New Balance 1500 è legata a doppio filo a quella del suo designer, Steven Smith. Per la portata del suo contributo siamo spesso abituati a parlare di Smith come una leggenda e del suo lavoro come storia delle calzature sportive. Un dettaglio utile per guardare alla sua esperienza con New Balance con la giusta prospettiva è che quando arrivò in azienda nel 1986 Smith era un giovane podista appena uscito dall’Università e nel lasso di tempo trascorso con New Balance, durato meno di tre anni, firmò per il brand il design tra le altre di 996, 997, 576, 574 e 1500, un modello fondamentale per l’evoluzione del brand americano che rischia però di scivolare in secondo piano nell’infinito portfolio di Smith.

 

Sviluppata tra il 1987 e il 1988, la New Balance 1500 fece il suo debutto ufficiale nel 1989. Ancora una volta l’asticella del retail si alza, $130 per una scarpa da running concepita da Smith come un’auto di lusso: ammortizzata più che reattiva, estremamente comoda, tecnologica, curata in ogni dettaglio e prodotta con i migliori materiali disponibili finendo ai piedi di molti, da “Iron” Mike Tyson al Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. In controtendenza rispetto ai modelli rilasciati negli anni precedenti New Balance abbandonò momentaneamente l’ormai tradizionale suede grigio per un upper realizzato in nubuck blu navy con inserti riflettenti e pannelli traspiranti in mesh. Per il cushioning fu utilizzata la tecnologia ENCAP brevettata da New Balance: una sezione in EVA inserita in una cornice di poliuretano a densità maggiore, normalmente posizionata sotto il tallone per assorbire gli urti durante l’appoggio del piede.

 

Già nel 1990 New Balance spostò parte della produzione della 1500 dagli USA al Regno Unito, prima nel suo stabilimento di Lilyhall e l’anno successivo a Flimby. Nacque così il profondo legame che lega la New Balance 1500 al Made in UK, che ha contribuito a rendere il modello un classico e dura ancora oggi, dopo oltre trent’anni.

 

Nella seconda metà degli anni ’00 la 1500 Made in UK divenne non soltanto un simbolo della Sneaker Culture europea ma anche uno standard a cui ambire se si volevano realizzare scarpe sportive di alta qualità e collabo di successo. L’incredibile lavoro di importanti realtà come Colette, Crooked Tongues, Solebox, Hanon, LaMJC, sempre affiancato dalle stupende colorazioni in-line e le varie Selected Edition proposte dal brand, ha contribuito a rendere la 1500 una delle sneakers più riconoscibili del catalogo New Balance e un oggetto di culto per appassionati e collezionisti. Tutti i pezzi che compongono questo incredibile puzzle sono stati studiati e catalogati all’interno di @1500archive, progetto digitale dell’australiano Matt Kyte.

Se si osservano gli inizi della New Balance MT580 si fatica ad intravedere l’enorme successo che il modello avrebbe avuto successivamente e il suo ruolo fondamentale nella Sneaker Culture dei primi anni ’00. Rilasciata originariamente nel 1996 la 580 fu inserita nel catalogo New Balance come adattamento economico della classica 585 Made in USA. Pensata come un’alternativa per il running su superfici sconnesse, la 580 ha un look robusto e massiccio, in netto contrasto con gli affilati modelli running prodotti dal brand a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. L’elemento chiave del modello è proprio la suola con tecnologia Rollbar, l’ingombrante inserto anti-torsione in fibra di carbonio che ne diventerà il tratto distintivo.

 

Ancora una volta ad “adottare” la 580 e darle un posto di rilievo nel mondo delle sneakers è la scena giapponese che, innamorata della 585 MiUSA, risponde positivamente al lancio della 580 – un’alternativa accessibile al costosissimo originale prodotto negli Stati Uniti. Il successo del modello in Giappone spingerà New Balance a utilizzarlo come base per una serie di special make-up distribuiti attorno al 2000 esclusivamente nel mercato asiatico. Esclusività, look e retail contribuirono a rendere la 580 parte della divisa degli appassionati di Harajuku, quartiere di Tokyo dove proprio in quegli anni si stava definendo un nuovo genere di streetwear nipponico che mixava brand d’ispirazione statunitense a pezzi tecnici provenienti dal mondo outdoor.

 

È in questo momento che inizia la vera storia della 580: il modello divenne la cavia prefetta per esperimenti di stile senza precedenti, progetti collaborativi ambiziosi e complessi che le doneranno un’aura che dura ancora oggi. Protagonisti di questa “Golden Era” della 580 sono brand e negozi protagonisti nella scena nipponica come Atmos, Mita Sneakers, Whiz Limited e RealMadHectic, che in singolo o in complicate combinazioni che hanno spesso coinvolto anche marchi storici dello streetwear statunitense come Stüssy e UNDFTD hanno dato vita a collaborazioni leggendarie la cui risonanza ha scavalcato gli oceani avendo un enorme impatto anche sulle scene europee e statunitensi.

 

La prima New Balance 580 collaborativa nata fuori dal Giappone è quella di Burn Rubber, rilasciata nel 2010. Il team del negozio di Detroit ha spesso affermato che fu proprio il ruolo del modello nella Sneaker Culture dei primi anni 2000 a portarli a chiedere a New Balance di poter lavorare a un progetto in cui fosse coinvolta, pur avendo la possibilità di mettere mano a silhouette più blasonate e ricercate. Nel 2016 New Balance ha celebrato i vent’anni della 580 realizzando una serie di progetti che hanno visto la partecipazione tra gli altri di UNDFTD, LaMJC, Packer Shoes, Highsnobiety e Colette, dando però poca visibilità al modello negli anni successivi. Quest’anno la 580 sembra essere destinata a un atteso ed importante ritorno: oltre a due nuove colorway firmate dal marchio londinese Palace New Balance ha voluto coinvolgere Stray Rats, che ha realizzato due versioni del modello in tributo alle leggendarie “collaborazioni a tre” di Stüssy, UNDFTD e RealMadHectic.